Il CEO della Juventus Maurizio Scanavino ritiene che sia “strano” che così tanti dirigenti del club siano stati intercettati per così tanto tempo. Parlando con TuttosportScanavino ha toccato una serie di questioni che hanno un impatto sul club, tra cui la competizione europea, le problematiche che hanno un impatto sul calcio italiano e la questione delle intercettazioni telefoniche che hanno portato alle dimissioni del consiglio di amministrazione bianconero nel 2022:
Le leghe stanno facendo causa ai grandi eventi internazionali, tutti stanno lottando per avere spazio nei calendari. Può esserci un equilibrio tra calcio locale e globale?
“Secondo me è più una questione di numero totale di partite che le squadre devono giocare. E quindi personalmente credo che su quel numero si debba trovare un maggiore equilibrio. Perché poi ci sono anche le nazionali e, ad esempio, molti nostri giocatori sono sempre convocati e questo aumenta ulteriormente le partite. Tra l'altro, le nazionali assorbono il 25% del tempo dei nostri giocatori, per i quali abbiamo il 100% dell'onere economico e questo senza alcun tipo di assicurazione o garanzia da parte di chi organizza i tornei. Insomma, il 25% del tempo dei giocatori non è a nostra disposizione. Allora li mettiamo volentieri a disposizione delle loro nazionali, ovviamente. Però è singolare che un quarto del tempo non lo dedichino al loro club di origine, che, come tutti sappiamo, investe milioni in questi giocatori, senza essere assolutamente tutelato. Dal mio punto di vista, quindi, è urgente trovare un punto di equilibrio. E gli scontri non servono a nulla: secondo lei, se sparissero la Champions League o il Mondiale per club, quelle risorse confluirebbero tutte automaticamente nei campionati nazionali? Per me no. Quindi, secondo me, la crescita di valore delle competizioni nazionali sta nello sviluppo del progetto campionato. Abbiamo l'esempio della Premier League che è stata molto brava in questo e dobbiamo essere in grado di fare un progetto qualitativamente migliore: dal punto di vista del calcio espresso, delle strutture collegate, della spettacolarizzazione del prodotto, in modo che possa generare maggiori ricavi e far ripartire così il volano dei campioni”.
Che impressione ti ha fatto la giustizia sportiva? Tu venivi da un mondo completamente diverso e ti sei scontrato con un meccanismo che non è sempre coerente nei suoi trattamenti.
“Il grande stratega è stato il presidente, Gianluca Ferrero, che ha approcciato la cosa in modo molto concreto e pragmatico. Abbiamo fatto delle scelte di confronto e dialogo per non compromettere ulteriormente la classifica del campionato e, in questo modo, gestire anche la situazione europea in modo pratico, per poter partecipare alla prossima Champions League. Sulla disparità di giudizio tra noi e gli altri, non so cosa rispondere. Diciamo che ci sono tante situazioni ancora in sospeso, aspettiamo di capire come verranno giudicate e se verranno giudicate. Di sicuro, la cosa che è peculiare nel caso della Juventus è che la precedente gestione è stata intercettata per mesi con migliaia di ore di intercettazioni. Trattamento che non mi pare sia stato, neanche in minima parte, riservato ad altri che avevano più o meno gli stessi problemi. Dopodiché, sul giudizio, sul trattamento finale, aspettiamo di vedere cosa accadrà anche per gli altri”.
Che idea ti sei fatto delle dispute interne al calcio italiano?
“Siamo sempre stati tutti insieme, professionisti e dilettanti, ma negli ultimi vent’anni almeno il calcio professionistico è diventato un’industria che investe molto e sopporta enormi rischi economici e finanziari. Questi due fattori vanno tenuti in considerazione nella costruzione della governance complessiva del calcio. Più che sulla tanto decantata “indipendenza”, sarebbe importante puntare sul giusto peso della Serie A nel calcio italiano. Perché poi, se la Serie A riuscisse a creare un percorso virtuoso di crescita, non è escluso che arriverebbero risorse ancora maggiori per tutta la filiera. Ma… sviluppiamo prima noi! Poi si troverà un metodo di redistribuzione.”
Provoco: cosa ci fai con un peso maggiore nel Consiglio Federale se comunque nella Lega Serie A non trovi mai un accordo?
“Sì, è una Lega molto litigiosa dove è difficile portare avanti progetti innovativi. Anche in quel caso, si tratta di trovare un progetto comune per poterlo sviluppare.”
Il Real Madrid ha infranto il tetto del fatturato di un miliardo di euro. Sarà mai possibile per la Juventus competere con dimensioni economiche di quel tipo?
“Il Real Madrid è sicuramente la squadra che ha saputo meglio sviluppare il proprio progetto, avendo continui successi sportivi in tutte le competizioni e sviluppando molto bene anche il brand e tutta la parte commerciale, avendo quindi le risorse per acquistare continuamente grandi campioni. Insomma, è l’esempio più virtuoso che ci sia. Poi il confronto tra il fatturato della Juventus e quello del Real Madrid va fatto tenendo conto anche di alcuni vincoli specifici che abbiamo noi, come quelli della legge Melandri o il fatto che il loro stadio è più del doppio del nostro. Detto questo, resta una differenza enorme che deriva dalla loro capienza e dalla loro abilità. No, quindi il gap economico non è certamente colmabile nel breve periodo, così come quello con le prime quattro o cinque squadre della Premier League. Ma il bello del calcio è che fortunatamente i soldi non giocano e i risultati possono essere slegati dal fatturato. Dobbiamo avere la capacità di costruire un gruppo forte che sia in grado di competere, seppur con un diverso livello di costo squadra. Certo, è impressionante sapere che siamo l'undicesimo o dodicesimo fatturato in Europa, ma realizziamo più della metà dei primi”.
Il fair play finanziario, fissando il limite di spesa al 70%, non stabilisce un limite di spesa reale, come avviene nello sport americano dove si ragiona in termini di cifre assolute e non di percentuali.
“Credo che la UEFA si ponga l’obiettivo di obbligare le squadre ad avere sostenibilità economica, non di livellare la competitività economica. Vedo poi un problema anche nel meccanismo di mercato, per cui se un acquisto ti va male, resti inchiodato, perché non hai alcun diritto sul tuo giocatore che ha sempre l’ultima parola.”
Esiste ancora il progetto di costruire uno stadio per la Next Gen e le Donne?
“Penso di sì. È un progetto che analizzeremo a breve se non già in questa stagione, magari partendo dalla prossima. Vorremmo sicuramente costruire una casa per la Next Gen e per le Donne. Poi dove si farà, come si farà, non posso ancora dirlo. Ma l'idea resta nelle nostre intenzioni.”
A proposito di donne: il progetto continua con lo stesso entusiasmo e convinzione di prima?
“Sì. Il calcio femminile ha un potenziale enorme ancora inespresso. Dobbiamo continuare il percorso di crescita tecnica e aumentare le risorse commerciali, ad esempio portando sponsor. In Spagna riempiono il Camp Nou, dobbiamo seguire quell'esempio.”
State dando molta importanza ai social media: è questa la strategia di comunicazione del club in futuro?
“Non l’unico. È un progetto in cui crediamo molto e che ci sta dando enormi risultati. Tutto nasce da una riflessione: come continuare ad avere successo nel mondo social dopo l’addio di Ronaldo. Ma allo stesso tempo è un modo efficace per comunicare con le nuove generazioni, di vitale importanza per noi. Il “Creator Lab” per noi rappresenta un luogo in cui vengono creati contenuti che hanno tipologie, durate e formati diversi, che vanno dalle serie tv ai post quotidiani.”
Come uomo dei media (è anche CEO del gruppo Gedi) credi nella disintermediazione?
“Disintermediazione dell’informazione no! Assolutamente no. L’informazione è una cosa molto seria e va maneggiata con grande cura ed è proprio la funzione delle redazioni dei giornali, dei media in genere, quella di rappresentare la realtà così com’è, certificando le fonti e facendo commenti di approfondimento che permettano alle persone basate sulla realtà di farsi un’idea, di avere un’opinione e, senza dubbio, questo non può essere garantito dal citizen journalism o dalle aziende che comunicano direttamente al pubblico. Noi con i nostri social media vogliamo comunicare cosa è la Juve a un pubblico giovane e attirare la sua attenzione.”
Cosa ti chiedono i fan quando ti incontrano per strada e cosa rispondi?
“All’inizio per 6 mesi è sempre stata la stessa frase: “Per favore: difendeteci e salvateci! Non fateci tornare in serie B!” Erano molto preoccupati per quel rischio. Poi, risolte le questioni giudiziarie, mi chiedono di tornare a vincere in fretta e di vedere un po’ di spettacolo in campo. Qui, in particolare chi viene allo stadio chiede soprattutto uno spettacolo migliore.”
Vincere non è più l'unica cosa che conta?
“Tranquilli, la vittoria resta importante e fondamentale per il tifoso juventino. Ma le nuove generazioni considerano anche altri fattori ed elementi. Nelle Olimpiadi appena concluse, abbiamo apprezzato la fatica, la sofferenza, l’impegno. È qualcosa di nuovo che sta emergendo nella cultura sportiva italiana che forse può diventare meno ossessionata dalla vittoria. Poi la Juventus è sempre la Juventus e la parola chiave deve rimanere “competitività”. Se indossi quella maglia devi ambire a vincere e dare tutto quello che hai per riuscirci. L’impegno è sempre premiato dai tifosi juventini.”
Il post Scanavino: 'Le intercettazioni sulla Juve? Aspettiamo di vedere cosa succede alle altre squadre…' è apparso per la prima volta su FootItalia.com.