La Superlega divide il calcio: una guerra evitabile?
Un comunicato che ha stravolto il mondo del calcio e non solo. Quello che domenica sera annunciava la nascita della tanto discussa Superlega. Un terremoto che ha suscitato una marea di reazioni (perlopiù contrarie) dagli addetti ai lavori e non solo. Apriti cielo. La competizione “privata” tanto voluta da Andrea Agnelli rischia di creare un vero e proprio scisma nel mondo del calcio dalle conseguenze imprevedibili al momento. Cosa succederà adesso? Difficile dirlo, ma proviamo a fare il punto della situazione.
Cronaca di un terremoto annunciato
Bisogna partire da un punto fondamentale. Se dodici club europei sono arrivati ad una decisione così clamorosa rischiando una vera e propria guerra con le loro federazioni nazionali ed internazionali, qualcosa non funziona nel sistema attuale. E sotto questo aspetto non ci si può esimere dal chiamare in causa la FIFA e soprattutto la UEFA. È un dato di fatto che anche i massimi organi calcistici internazionali abbiano delle responsabilità. Quegli Infantino e Čeferin che ora insorgono (in particolare il numero uno UEFA), attaccando i club della futura Superlega, sono gli stessi che hanno applicato il famigerato fair play finanziario a targhe alterne e per info chiedere a Manchester City e PSG. Insomma, che questi personaggi adesso parlino di etica suona alquanto strano. Anche sui club “disobbedienti” e soprattutto sui criteri e i motivi con i quali nasce la nuova competizione c’è tanto da dire. A partire dalla pandemia. Ormai diventata la causa di tutti i mali di questo mondo, anche se i mali del calcio non nascono con la pandemia. Quegli stessi club che hanno creato la Superlega sono gli stessi che hanno accumulato montagne di debiti diventando schiavi di contratti faraonici per allenatori e calciatori e soprattutto di procuratori che ormai hanno più potere delle stesse società. Sui criteri poi c’è da aggiungere che può anche essere interessante un torneo nel quale i top club si confrontino tra di loro ma dovrebbero essere scelti per la storia, il blasone o il palmarès e non semplicemente perché sono più ricchi. A tal proposito c’è da chiedersi a cosa sia dovuta la presenza del Tottenham, la cui bacheca non è certo paragonabile a quella di Liverpool o Manchester United. Oppure del Manchester City che è ormai stabilmente al top del calcio inglese ma che insegue invano la Champions.
Superlega, una panacea per tutti i mali del calcio?
Tra i tifosi di tutto il mondo si discute e ci si sta dividendo. La Superlega potrà essere una soluzione per il futuro del calcio? Difficile dirlo al momento. Certamente però su alcune cose bisogna riflettere. L’aspetto economico e del business ha assunto (piaccia o no) un ruolo di primo piano nel mondo del calcio. Certo però bisogna tenere conto anche di un altro elemento: e cioè che l’azienda calcio, a differenza di qualsiasi altro tipo di impresa, vive anche di una componente emotiva rappresentata dalle quattro categorie individuate da Roger Callois: alea, agōn, , mimicry e ilinx. Ovvero il caso, la competizione, il premio, l’immedesimazione nei confronti del campione e l’adrenalina del cimentarsi con una sfida proibitiva. Elementi che passerebbero in secondo piano se ragionassimo solo in termini economici. Una cosa però c’è di “buono”. Questa Super League ha messo d’accordo la politica perfino in Italia e ci ha fatto dimenticare almeno per un po’ il Covid, anche se la pandemia sembra avere avuto un peso specifico nell’accelerare questa crisi. Una crisi che si spera si possa risolvere con un po’ di buonsenso da entrambe le parti. Anche perché entrambe le parti hanno sbagliato qualcosa. L’UEFA a non ascoltare l’allarme dei suoi club allo scoppio della pandemia e i club “disobbedienti” a fare tutto sottobanco e da tempi remoti e non sospetti. Uno scontro in stile Morgan vs Bugo non gioverebbe a nessuno.